28. Il metodo “Crazybait”

0
1097

In sostanza si tratta di un processo di impasto del mix con i liquidi che serve per far assorbire alle farine tutte le componenti dell’attrazione liquida e di gusto, in modo che l’esca sia molto spinta e intensa da questo punto di vista.

Si tratta di un processo che io utilizzo per le caratterizzazioni del 50\50 e per alcuni bird food, che mi permette di mettere più liquidi attrattivi del normale, in una miscela che nasce appositamente per trasmettere in acqua questi segnali.

Come mi è venuta l’idea?

Mi è venuta osservando la produzione delle esche tutti frutti nello stabilimento di Richworth, dove mi accorsi che i liquidi attrattivi, aroma incluso, erano inseriti direttamente nel secco che girava all’interno dell’impastatrice, diluiti con acqua e glicole, per poi aggiungere le uova solo in un secondo momento.

Ho poi rielaborato la pratica verificando che effettivamente, quando si fa un impasto, normalmente si mettono i liquidi nelle farine e non viceversa.

Questa manovra ha anche degli sviluppi interessanti nelle dinamiche di attivazione degli amidi di cui non parleremo in questo frangente.

Quindi il processo delle crazy si svolge in 3 fasi:

   -Prima di tutto si preparano i liquidi ben miscelati fra loro (SENZA UOVA).

Attrattori liquidi, liquid food, aroma naturale, aromi chimici, gel zuccherini, dolcificante, oli essenziali, oli nutritivi ecc.

Io sono solito prepararli molto prima di realizzare le esche in quantitativi già calibrati per i chilogrammi di mix che intendo rullare, in questo modo, riposando per alcuni giorni, favorisco l’amalgama dei vari componenti.

   -Come secondo passaggio s’inseriscono i liquidi nel mix, nel quantitativo dedicato, che in genere varia dai 100 ai 250 ml. per chilogrammo di miscela.

S’impasta per alcuni minuti a mano, oppure usando planetaria o trapano miscelatore, fino a che le farine non hanno assorbito tutta la parte liquida, impregnandosi per bene.

NOTA BENE: a questo punto l’impasto non può essere estruso e rullato perché è ancora troppo asciutto in quanto manca la parte di uovo necessaria per completare il costrutto.

Anche in questa fase mi piace lasciar riposare una decina di minuti affinché le componenti igroscopiche di alcune farine possano assorbire per capillarità tutta l’umidità.

   -La fase finale prevede di completare l’impasto, aggiungendo un uovo alla volta, fino a raggiungere la giusta malleabilità del mix, che permetta di estrudere e rullare.

In genere fino a quando il tutto non risulta più appiccicoso e non troppo duro da forzare nell’estrusore.

Quindi si procede normalmente a creare i salsicciotti per poi passarli in tavola.

L’aggiunta di un uovo alla volta è fondamentale perché non possiamo decidere a priori quante ne serviranno in quanto il numero dipende da quanti altri liquidi abbiamo inserito e da quanto caldo c’è nella stanza dove svolgiamo le operazioni.

Normalmente per chiudere l’operazione servono dalle 3 alle 6 uova.

Si comprende ovviamente che mettere un quantitativo di parte liquida maggiore, diminuisce il numero delle uova rendendo le esche più o meno solubili in acqua.

Il mio consiglio è di non scendere sotto le 4 uova a meno di voler espressamente creare delle boilie solubili.

Nella prossima pillola parleremo di due prodotti molto utilizzati da chi fa le gare: il bait dip ed il bait glug.

http://www.thebaitguru.it

Articolo precedente27. Sviluppare un mix
Prossimo articolo29. Bait dip e Bait glug
mm
Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.