67. Fondo duro VS fondo molle

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In tutte le pubblicazioni e video di carpfishing dedicati ai neofiti si esprime sempre il consiglio di cercare le porzioni di fondale duro per calare gli inneschi.

Questa considerazione è effettivamente utile e veritiera?

Come al solito la risposta è: “Dipende!”

In linea di massima, ritengo che questo consiglio sia ideale per chi non ha molta esperienza di pesca perché impedisce errori grossolani e permette l’uso di esche e terminali basilari, con buone possibilità di successo.

In realtà bisognerebbe approfondire il fatto che ci sono fondali melmosi anossici, putrefattivi e privi di vita, e altri dove la fanga è un ricettacolo di alimento naturale nel quale il pesce gradisce affondare il muso per aspirare tutti gli animaletti che popolano il benthos del fondo.

Da un punto di vista stagionale, molti laghi stratificano a causa delle alte temperature, creando una linea fisica detta di termoclino, che divide le acque ossigenate più superficiali, da quelle del fondale dove non vi è presenza di ossigeno disciolto e il materiale organico diventa facile preda dei batteri anaerobici che acidificano il tutto rendendo putrescente e inospitale la melma.

La profondità di questo fenomeno varia da bacino a bacino ed è decisamente influenzata dal rimescolamento dato dai venti che spesso soffiano poderosi in certi laghi a causa delle termiche di aria calda (laghi in genere famosi per sport d’acqua come wind e kite surf) oppure dalla presenza d’immissari che apportano acqua più fresca e in movimento.

Sul fondale anossico nessun pesce si nutre, ne può permanere a lungo sotto la linea di termoclino perché praticamente non riesce a respirare. Calare su questi fondali è decisamente una perdita di tempo e in questi frangesti specifici, la conoscenza dei fenomeni naturali che regolano la vita lacustre (studiati dalla Limnologia che è la scienza dei laghi) sono fondamentali anche per il successo della pescata.

Ci sono fondali estremamente acidi a causa del deposito di materiale organico inquinante in genere portato da fognature non filtrate o scarichi industriali poco controllati dove la vita diventa decisamente ostica per la maggior parte delle creature viventi, che presentano l’aggravante di “mimetizzare” o nascondere i segni attrattivi delle nostre esche, vanificando l’azione di pasturazione e di pesca. Di queste specifiche condizioni abbiamo parlato in una pillola sul sito The bait guru che trattava gli inneschi dedicati ai fondali acidi.

https://www.thebaitguru.it/2020/10/27/inneschi-per-fondo-acido-prima-parte/

Esistono poi situazioni assolutamente normali in cui il fondo è sano ma comunque molle e frequentato dalle carpe che “scavano” nel limo alla ricerca del loro nutrimento abituale. Sono quindi aree di alimentazione dove è intelligente calare un innesco a patto che questo abbia le qualità per poter essere interessante e individuabile per il pesce.

Quando si cala una boilie in mezzo al cibo comunemente consumato, quest’esca deve risultare particolarmente attrattiva o interessante per il pesce, che altrimenti preferisce continuare a mangiare ciò che già conosce e che non desta alcuna preoccupazione. Questo significa che la boilie deve essere fatta molto bene dal punto di vista attrattivo, oppure che si sta usando un innesco visivo, che stimoli la curiosità della carpa trasformando un assaggio incauto in una sicura allamata.

Queste esche e la pasturazione di contorno, devono essere sufficientemente bilanciate per non affondare troppo nella melma, altrimenti l’aggancio risulterebbe causale e spesso sull’esterno della bocca del ciprinide, con gravi rischi di perdere il pesce durante il combattimento. L’assetto neutro è quindi la chiave di volta per aver ragione di questo tipo di situazione.

Il fondale duro e pulito, situato possibilmente in prossimità delle aree alimentari o fangose, rappresenta il terreno ideale per il carpista principiante oppure la chiave vincente di una sessione di pesca che dura a lungo o quando si ha la possibilità di un’efficace pasturazione di condizionamento.

Sul fondo duro le carpe trovano ogni particella di nutrimento e anche le boilie più semplici…tipo semola e aroma… permettendoci quindi un’azione basilare a base di ready made e granaglie o pastura da fondo.

In questo caso la sorte ci regalerà l’agognata cattura se questa porzione si trova sulla rotta comunemente compiuta dalle grosse carpe per andare a mangiare nelle loro abituali aree nutritive.

Differente il caso in cui si pasturi per intercettare e abituare il pesce a un cibo inaspettato, comodo e sufficientemente nutritivo.

Questa è la pesca a me più cara, fatta di ricerca dello spot e di preparazione tecnica nel realizzare grosse quantità di esche nutritive.

Le aree dure di intercetto nel fiume, sono i fondi battuti dalla corrente, con ghiaia pulita, in prossimità di morte, anse, curve o aree ricche di ostacoli naturali. In Lago i plateau sulla corona o i cambi di fondale nei pressi delle anse erbose e i dirupi di sabbia e ghiaia in prossimità d’immissari di una certa importanza.

Il posizionamento di grosse boilie a elevata nutritività per tempi sufficientemente lunghi, abitua il pesce a nuove e inusuali aree alimentari che vengono visitate con una certa periodicità che dopo alcuni mesi si lega alla disponibilità di cibo e quindi a orari e momenti specifici adatti a massimizzare il risultato di pesca.

Il fatto che i pesci non si sostino in queste aree concorre alle catture multiple durante la sessione, eventualità più difficile da realizzare quando si pesca su aree di alimentazione naturale, perché la cattura di un pesce, mette in fuga gli altri esemplari che possono mantenere le distanze dall’area anche per molti giorni.

http://www.thebaitguru.it

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Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.