La teoria dell’esca bollita di Fred Wilton venne resa nota al pubblico nel 1972, l’anno in cui sono nato. Coincidenza? Io non credo…
Scherzi a parte, la nascita della boilie si colloca fra il 1960 ed il 1970 ad opera di più pescatori, fra cui Wilton fu il più autorevole e comunque il primo a scrivere di questa interessante novità.
Sostanzialmente cercarono di risolvere una problematica legata alla scarsa tenuta degli inneschi sull’amo che caratterizzava le pastelle e i piccoli bocconi di pane, patate e carne, utilizzati da quei pionieri alla ricerca del record. L’hair rig non era ancora stato inventato (occorre aspettare la fine degli anni settanta per la nascita di questa rivoluzionaria strategia d’innesco)e di conseguenza le esche si “innescavano” direttamente all’amo che risultava quindi all’interno del costrutto.
La leggenda vuole che la moglie di Fred gli suggerì di impastare la sua tradizionale pastella, composta di Casilan, PYM e Vitrex (rispettivamente un integratore di caseine per sportivi, un estratto di lievito e un integratore di minerali e vitamine), aggiungendo un uovo e facendo bollire le palline per qualche secondo, al fine di coagulare le albumine creando una sorta di crosta superficiale più resistente. Ecco come ebbe origine la rivoluzione delle boilie (da verbo “To Boil” ovvero bollire) che cambiò l’approccio e ridefinì i risultati di quella primordiale pesca alla carpa che sarebbe poi divenuta “Carpfishing”.
Le prime palline misuravano dai 2 ai 3 centimetri di diametro ed erano realizzate rigorosamente a mano ed in gran segreto da un gruppo di 4 amici pescatori, frequentanti i club di pesca del Kent, di cui faceva parte anche Fred. A seguito di questa scoperta, venne elaborata una complessa teoria dell’esca che mirava a realizzare impasti sempre più tecnici e nutrienti, caratterizzati da gusti e attrattori mirati, come aromi di sintesi, oli essenziali e farine alimentari proteiche.
Le gesta di questo gruppo di amici, che catturavano una quantità considerevole di trofei, anche in periodi in cui le carpe sembravano restie a farsi catturare (come i mesi invernali, durante i quali si credeva impossibile poter catturare le grosse carpe, pensando che le stesse cadessero in uno stato di semi-ibernazione nel fango), destarono presto la curiosità e l’attenzione degli altri competitori che cercarono in tutti i modi di carpire i segreti dei nostri eroi.
Accadde che uno del gruppo si lasciò sfuggire alcune indiscrezioni sul quotidiano di pesca Angling journal, scatenando la rabbia di Fred che per tutta risposta pubblicò la rivoluzionaria teoria dell’esca bollita , su una pubblicazione diffusissima a livello nazionale: “The third British carp study book”, rendendola di dominio pubblico per poi sparire per sempre dalle scene e dalla ribalta che in definitiva avrebbe meritato.
Questo fu l’inizio come descrittomi direttamente dalla penna di Fred Wilton , con il quale sono rimasto in contatto epistolare per molti anni, gestendo una reverenziale amicizia a distanza.
La vera rivoluzione nasce dall’associazione boilie+hair rig che negli anni ottanta sviluppa un movimento molto dinamico e intraprendente che porta al moderno carpfishing come lo conosciamo anche noi, con questa innovativa tecnica che sbarca prima in Francia, grazie ai pescatori-turisti che iniziano a frequentare le poderose acque continentali, ricche di carpe enormi per lo standard britannico, per poi arrivare in Italia ed essere sdoganata alla massa, con la trasmissione televisiva: “Fish eye obbiettivo pesca” e grazie agli articoli di pionieri come Giorgio Balboni, Massimo Mantovani e Roberto Ripamonti.
Parallelamente a questa evoluzione, si sviluppò un filone di aziende che producevano e commercializzavano prodotti per l’esca, fino ad arrivare alle boilie pronte in sacchetto (ready made) ad opera di due brillanti pescatori che aprirono la prima azienda specializzata: la Richworth Streamselect. Da questo momento inizia la storia recente delle esche da carpa, un universo in costante evoluzione, per adattarsi ai differenti stili di pesca ed alle differenti acque e prede da affrontare.
La storia del carpfishing Italiano, iniziata sotto la forte influenza dell’approccio classico, fatto di pesca a fondo con granaglie e polenta dolce, di pasturazione preventiva e di ricerca dello spot, portò ad un’evoluzione molto spinte degli ingredienti e delle miscele (i mix), per adattarli alle nostre accque molto produttive e ricche di alimento e grossi pesci.
Purtroppo la teoria di Fred , definita HNV (high-nutritional-value ) ovvero teoria dell’esca altamente nutritiva, venne fraintesa clamorosamente e furono più gli autori che cercarono di demonizzarla, rispetto a quelli che provarono ad adattarla alle nostre esigenze, ai nostri budget e agli ingredienti più facili da trovare. Il tempo, per fortuna, rimette sempre tutti al loro posto…il Re sul trono e i cialtroni nel dimenticatoio…Nel pratico , già alla fine degli anni novanta, i mix più venduti nella penisola erano di fatto tutti HNV basati su farine animali, proteine del latte ed estratti, la naturale evoluzione di un concetto fondamentalmente corretto che esprimeva la considerazione etologicamente corretta, che un animale selvatico alimentato e stimolato con continuità, tende sempre a preferire il cibo con più alto valore nutrizionale.
Purtroppo le carpe nelle nostre acque hanno subito un disgraziato prelievo forzoso ai danni degli ecosistemi, perpetrato da malavitosi organizzati e anche da spregevoli pescatori (che non riesco a definire carpisti) che hanno lucrato su di un bene collettivo, per arricchirsi senza scrupoli.
Queste disgrazie hanno compromesso i migliori spot della penisola, facendo perdere entusiasmo a tutti quei pescatori che avevano vissuto gli sfarzi ed i successi degli anni a cavallo fra il 1990 ed il 2010, che hanno abbandonato la passione o comunque si sono trovati costretti a ridimensionarla. Questo ha tolto riferimenti alle nuove leve, che si sono dovute affidare solo a sistemi bislacchi di informazione, tipo i social, senza poter fare la gavetta del negozio di pesca, dove il vecchio pescatore centellinava i consigli, mettendo velocemente a tacere tutte le chiacchiere dei “cazzari” da osteria. La conseguenza diretta di questa lacuna è la pesca fatta di apparenza e nessuna sostanza con cui ci si confronta quotidianamente, fatta di pescatori con la bacheca colma di carpe enormi (o presunte tali a causa delle meravigliose possibilità che offre photoshop), ma incapaci di fare un nodo a paletta o di discutere di miscele e boilies, che catturano carpe addomesticate con pezzi di plastica colorata, in ambienti pseudo-naturali, dove l’attività più selvaggia che si può praticare è fare pipì in una siepe!
Ma non tutto è perduto, perchè in fondo questa è una passione sana e ben radicata, che ha solo bisogno di riscoprire stimoli legati allo stare bene con se stessi nell’ambiente e non semplicemente farsi un selfie con un ciprinide dopato in braccio! Per questo, dalla prossima pillola si inizia a fare sul serio e parlare di esche ad alto livello!
E la partenza del nostro viaggio sarà il boilie mix 50/50…