66. Fermentare le boilie

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Dalla metà degli anni novanta iniziai a frequentare assiduamente le acque della mecca del carp fishing europeo: il lago di ST. Cassien in Francia.

Su queste “sacre” sponde incrociavo spesso pescatori Inglesi con i capelli brizzolati e decine di anni di esperienza sulle spalle, logicamente cercavo di osservare il più possibile, rubando con gli occhi i loro inespugnabili segreti.

Una pratica in particolare ha sempre destato la mia curiosità: lo “scarico” della boilie, immergendola nelle acque del lago prima di utilizzarla.

In sostanza questi vecchi volponi erano soliti ricoprire di acqua del lago le loro esche, versandola nei secchi fino a ricoprire completamente le palline.

Era facile intuire che quest’operazione servisse per slavare le esche stesse e “invecchiarle” rendendole perfettamente simili a quelle gettate in pastura il giorno prima che rimanevano sul fondo del lago.

Istintivamente elaborai il concetto che quest’operazione le rendesse meno sospette per i furbissimi pesci di quel lago battuto 365 giorni all’anno dai migliori specialisti del settore.

Oggi, col senno di poi, mi rendo conto di poter trarre delle conclusioni più approfondite e utili anche per qualche ambiente nostrano molto stressato.

In pratica utilizzavano quasi tutti esche ready made di tipo “carrier”, poiché all’epoca si trovavano solo quelle, palline ben aromatizzate, mediamente nutritive e arricchite da stimoli amminoacidici potenti.

Essendo Cassien un’acqua molto pura, cristallina e basica, quei potenti stimoli erano certamente amplificati e trasmessi con molto vigore a quei grossi pesci dotati di sistemi sensoriali non inquinati o compromessi e quindi in grado di rilevare particelle infinitesimali di sostanze organiche alimentari primarie.

Inoltre, nell’acqua del lago erano presenti batteri ed enzimi autoctoni in grado di fermentare facilmente le componenti nutritive organiche di quelle palline (essenzialmente la parte proteica derivata dalle farine di latte e caseine, e la componente glucidica degli amidi e degli zuccheri semplici presenti). Ricordo, infatti, che dopo una notte d’immersione, l’acqua si riempiva di bollicine e anche le esche stesse iniziavano ad avere un aspetto superficiale lattiginoso, liberando ulteriori stimoli nutritivi, molto simili a quelli che naturalmente le carpe avrebbero trovato in acqua.

Ecco quindi che il connubio fra la riduzione della parte aromatica chimica (slavata) e l’aumentata attrazione organica di origine fermentativa, rendeva quelle esche più simili all’alimento naturale, e più stimolanti per le difficili e diffidenti carpe del lago.

Da un punto di vista pratico, la ridotta spinta chimica si può ottenere diminuendo la dose di aromi e sostanze chimiche inserite nella ricetta della boilie, ma il secondo fattore non può essere ricreato se non fermentando le boilie.

E su questa pratica rivoluzionaria, ripescata dal passato più lontano, sviluppiamo un interessante pillola di bait guru dedicata a rendere più interessanti e meno sospette le nostre boilie.

Procurarsi l’acqua del lago o del fiume può sembrare ovviamente la strada più semplice e, di fatto, se questo è semplice da farsi lo è.

Una volta procurata l’acqua basterà immergere le esche una notte prima di andare a pesca, badando bene che la fermentazione può avvenire esclusivamente con temperature superiori ai 18 gradi, perché al di sotto di questo limite, i batteri hanno bisogno di tempi lunghi per agire.

Quello che voglio proporre è una fermentazione da farsi più spinta in ambito casalingo a prescindere da avere a disposizione l’acqua dell’ambiente che frequenteremo.

Questa pratica si presta a esche molto compatte, in grado di resistere bene sull’hair rig anche dopo una notte di ammollo in acqua, ed è consigliabile farlo su boilie non troppo cariche di attrattivi chimici di sintesi e prive di conservanti che altrimenti andrebbero a rallentare l’azione degli enzimi e dei batteri stessi.

Dovremo utilizzare dell’acqua non clorata, per questo se possibile usiamo acqua piovana, oppure lasciamo evaporare il cloro per qualche ora lasciando la normale acqua di rubinetto in un secchio a decantare.

Per ogni litro d’acqua aggiungiamo una bustina (circa 5-6 grammi) di fermenti lattici utilizzati per la produzione di yogurt casalingo e 2-3 grammi di lievito di birra attivo.

Risulta fondamentale che l’acqua sia a una temperatura ambiente superiore ai 18 gradi centigradi per ottimizzare l’intervento di questi microorganismi, quindi immergiamo le boilie il giorno prima della battuta di pesca, in modo da lasciarle in ammollo almeno 12 ore prima dell’utilizzo specifico.

L’acqua rimanente dopo l’operazione, comunque arricchita di gusto e attrattivi, potrà essere efficacemente utilizzata per impastare method o pastura da fondo da usarsi come ausiliare dell’azione di pesca.

Questa soluzione complessa, ma non complicata, potrebbe per molti rappresentare una chiave di successo in tante condizioni in cui i pesci sanno ormai “leggere e scrivere” e dove differenziarsi in maniera drastica rappresenta la soluzione più efficace.

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Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.