63. Le mie esche per il fiume

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Nelle puntate precedenti abbiamo affrontato l’interessante tema della pesca in fiume, analizzando la scelta dello spot e le strategie pratiche.

Ci siamo lasciati in sospeso l’argomento esche perché desideravo presentare un parallelo che mettesse a confronto due epoche differenti del mio passato di carp angler e bati maker.

In Piave ho pescato all’inizio della mia avventura di rullatore amatoriale, in un periodo storico poverissimo d’informazioni e di prodotti specializzati, approssimativamente fra il 1993 e il 1996.

Il mio approccio con il fiume Sile è avvenuto invece al culmine della mia fase di sviluppatore di prodotti per il marchio trevigiano Big Fish, mi riferisco quindi alle stagioni comprese fra il 2009 e il 2011, in pratica le mie ultime pescate prima di uscire dal mondo della pesca alla carpa.

L’approccio e gli ingredienti sono molto cambiati in quasi 20 anni di storia italiana della boilie, ma vorrei stimolarvi a notare come la ricerca di un’esca nutriente e attrattiva, abbia dei notevoli punti in comune, tutto questo per dire che una buona boilie non passa mai d’attualità.

All’inizio degli anni novanta, la possibilità di acquisto di mix già pronti era limitata a Nutrabait, Rod Hutchinson e SBS e anche gli ingredienti per il self made si contavano sulle dita di una mano! Ricordo di alcuni aromi SBS, di una combinazione di amminoacidi alla fragola sempre di quest’azienda e di alcuni aromi e ingredienti di Rod Hutchinson.

Erano tutti prodotti molto costosi ed era impensabile utilizzarli per pasturazioni massicce, a meno di investire un capitale…

Quando ci trovammo nella condizione di pescare nel fiume Piave, divenne perciò indispensabile iniziare a impastare miscele self e quindi mi trovai “costretto” a fare i primi timidi tentativi di fish mix.

Non ricordo con precisione tutte le prove fatte, ma per fortuna ho la ricetta definitiva che ci permise di avere ottimi risultati nel “nostro” fiume, catturando molti pesci e anche qualche record, anche se non ne conoscevamo il peso perché eravamo sprovvisti di una bilancia che andasse oltre i 12 chilogrammi.

Il mio fish mix per il Fiume nel 1995 era così composto:

   -30% di pane tostato macinato

   -30% di farina di aringa 999 rossa

   -30% di semola rimacinata fine

   -10% di latte in polvere per vitelli

Un mix che rullava decentemente e che era abbastanza nutriente da condizionare i pesci del Piave (e in un futuro appena successivo anche quelli del Brian).

La boilie era impastata con circa 9-10 uova per chilogrammo, inserendo 10 ml. di aroma alla fragola di SBS o Rod Hutchinson (purtroppo nei miei diari ho scritto solamente “strawberry” e non ricordo di preciso), 30 ml. di olio di fegato di merluzzo e almeno un 50 ml. di miele liquido come dolcificante.

Tecnicamente non avrei difficoltà a rimettere in pesca un mix del genere anche oggi, semplicemente curerei di più la componente liquida e gustativa, togliendo un paio di uova e mettendo la salsa di pesce fermentata e il dolcificante NHDC.

Per il resto ero già arrivato, in maniera inconsapevole, a un buon bilancio di nutrienti, spendendo il giusto e riuscendo così a rullare quei 10 chilogrammi a settimana che ci servivano per mantenere attivo il nostro super spot in campo gara.

Durante la pescata eravamo soliti pasturare con classica pastura da garista, specifica per la pesca in acqua corrente, a base dolce e farcita pure di bigattino, in modo da stimolare le carpe con un richiamo molto noto data la vicinanza del campo gara. La scelta di mettersi alla fine dello stesso era dettata dalla consapevolezza che la corrente avrebbe comunque portato tutto a valle per decine di metri e dalla possibilità di stare in pesca anche nei week end tabellati, essendo la nostra posta fuori dell’ultimo picchetto.

In Sile ho invece sfruttato tutta la mia aumentata consapevolezza e sfruttato le mie pescate esclusivamente invernali, per testare a fondo il Krill fermentato che sarebbe poi confluito anche nelle Crazy ready made, tanto che l’ultima stagione sul fiume si svolse quasi esclusivamente utilizzando i prototipi definiti dell’esca pronta, con risultati identici alle due stagioni precedenti impostate su esche self made (che in definitiva era il risultato che mi ero prefisso).

Il mix era impostato su un pastoncino fatto apposta per Big Fish (molto simile come composizione all’Uniko 24 di Happy bird), soia, proteine del latte e farina di salmone LT.

La ricetta prevedeva:

   -50% pastoncino Uniko 24

   -20% farina di soia tostata

   -20% farina di salmone LT

   -10% caseina rennet

Questa base molto bilanciata e calibrata, veniva ulteriormente “spinta” dalla componente liquida molto particolare che le rendeva particolarmente veloci e attrattive.

In pratica quest’approccio mi serviva per valutare la variante ready made pescando in parallelo con le self, fino a raggiungere un compromesso di funzionalità che mi avrebbe permesso di valutare le esche pronte a mio nome.

La ricetta prevedeva, per un chilogrammo di mix:

   -80 ml. di krill fermentato

   -20 ml. di aceto di lamponi

   -20 ml. di true blood

   – 7 ml. di aroma strawberry hit

   -5 ml. di dolcificante intenso

Questa esca micidiale, unita all’efficiente scelta della postazione e al corretto approccio di pastura e pesca, mi permise di catturare una media di 3-4 carpe a uscita, con numerosi target fish. Decisamente un ottimo risultato in riferimento all’acqua in questione, il fiume Sile, che non può essere catalogata come facile.

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Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.