8. Forma, colore e dimensioni della boilie

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La carpa è un animale molto curioso dotato di sensi vigili e sviluppati, adatti a trovare cibo anche in condizioni di scarsa luminosità. Ci vede benissimo e grazie ad una visione tetrapolare , distingue le sfumature di colore e i contrasti , qualità che può essere interessante sfruttare in pesca.

Diciamo subito che le colorazioni fantasiose e fluorescenti sono formulate più per il pescatore che non per il pesce! A noi basta portare a casa il concetto che il pesce vede PERFETTAMENTE un’esca chiara su fondo scuro e viceversa.

Fra bianco splendente, giallo fluo o rosa shocking, vi sono differenze relativamente piccole, se queste boilie le poggiamo su un fondale marrone scuro o nero!

Mentre per la pesca sulle spianate sabbiose e chiare, ci convengono colorazioni ombrose, tipo il rosso cupo donato da una buona presenza di Robin red , oppure il verde profondo caratteristico della spirulina!

Il fattore curiosità, scatenato dall’elevata visibilità dell’esca è noto agli specialisti delle fake bait (esche finte di plastica) che spesso catturano grossi esemplari in cattività (ma succede a volte anche in acque libere) semplicemente perché il pesce ha deciso di portare alla bocca quello strano pezzo di plastica , poggiato su un letto di poltiglia ben profumata e stimolante (i resti sciolti della compressa di PVA che accompagna questo tipo di inneschi).

Con il terminale adeguato, questa incauta prova si può trasformare in una spettacolare allamata che porta il pesce dall’acqua alle nostre braccia!

In ambito naturale poco pressato, con grossi pesci che vivono seguendo le naturali dinamiche della ricerca del cibo sfruttando sensi più chimici della vista, spesso la visibilità diventa controproducente e conviene che la fonte dei segnali nutritivi (la nostra food bait) sia mimetizzata con il fondale, obbligando il pesce a decise aspirazioni che sono fondamentali per il buon funzionamento dei normali riga da fondo.

In questo caso infatti, la possibilità di poter studiare l’innesco perché molto visibile, potrebbe permettere al pesce di assaggiare con sospetto e delicatezza, riuscendo quindi a evitale l’auto-allamata, come spesso si vede nei video subacquei ad alta definizione.

Quindi la visibilità ha dei pro e dei contro che devono essere studiati attentamente e che possono essere sfruttati in molteplici modi e possibilità. Mi viene l’esempio delle pescate lunghe, nelle quali già dal primo giorno si scaricano diversi chilogrammi di esche sullo spot per interessare quanti più esemplari possibile. In questa abbondanza di stimoli, diventa statisticamente impegnativo che l’esca posta sul rig, se uguale a tutte le altre intorno, venga mangiata per prima dai pesci accorsi al banchetto. Ecco quindi che la prima notte di pesca, potrebbe essere vantaggioso innescare anche dei terminali con pop up molto visibili, da calare proprio al centro della grande macchia di pastura, per provare a catturare fin da subito le prime carpe accorse (che non è sempre detto che siano le più piccole). Poi con il passare dei giorni ed i pesci che si abituano a cercare sul fondo le esche da pastura, conviene ridurre le dimensioni della macchia e calare bocconi esattamente identici alle palline offerte liberamente.

La forma della boilie è un’altra caratteristica dell’esca che si è persa nel tempo a causa della standardizzazione dei processi produttivi a tavola, che offrono sfere sempre più perfette.

In realtà la sfera è la scelta migliore solo in termini di possibilità di pasturazione da riva, in quanto può essere scagliata con gli appostiti tubi a distanze siderali.

Per pasturare , se buttiamo le esche sotto riva o dalla barca, sono decisamente meglio i cubi tagliati a coltello , perché presentano almeno 4 facce grezze senza crosta e sono decisamente più veloci quindi a cedere attrattivi all’acqua. Per realizzarli basta cuocere la “pizza” d’impasto alta 1-2-3 centimetri e dopo cottura tagliare con un coltello affilato in cubi delle dimensioni pari allo spessore.

Una pratica comunque veloce che garantisce di poter produrre e cuocere buone quantità di esca, senza dover acquistare l’estrusore e la tavola, visto che basta una dima per la misura in altezza ed il mattarello per stendere.

Interessante anche l’uso ibrido di cubi e esche sferiche, fatte con la stessa ricetta, visto che comunque l’innesco sferico garantisce un miglior funzionamento dell’hair rig , mentre il grosso cubo necessita di capello mediamente più lungo.

La forma è interessata in maniera diretta nel funzionamento del terminale , tanto è vero, che nel 1993 , a causa di un errore che portò alla produzione di esche cilindriche invece che sferiche, i pescatori che utilizzarono comunque quelle esche, si accorsero che producevano allamate migliori soprattutto al cospetto di carpe molto sospettose! Erano così nate le “Dumbell”, le esche a cilindretto. Questa particolare forma può essere innescata perpendicolare al rig , favorendo il posizionamento della punta dell’amo verso il basso con un effetto che viene definito: ”Ancora”.

Le dimensioni dell’innesco vengono spesso definite importanti n termine di selezione e questo è certamente vero quando si parla di disturbo di piccoli pesci oppure se si sta parlando di boilie da 50 millimetri! Altrimenti è inutile pensare che un’esca da 24-30 mm. possa limitare una carpotta di 7-8 kg. decisa a mangiare l’innesco.

Diciamo quindi che per chi pastura con continuità è conveniente usare anche grossi diametri per far si che la pastura arrivi preferibilmente alle carpe, ma in tutti gli altri casi, più piccola è la boilie e migliore diventa l’attrazione.

Non c’è infatti paragone fra pasturare 2 chilogrammi di palline da 10 millimetri e lo stesso peso in esche da 24! La superficie di distribuzione è enormemente maggiore nel primo caso e un’esca piccola crea minor diffidenza e stimola notevolmente di più in termini attrattivi.

Sul tema dello stimolo attrattivo, vi rimando alla prossima puntata dove tratteremo le “pozioni magiche” usate nel carp fishing : gli aromi…

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Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.