40. Asciugare le boilie

0
1805

Il processo di asciugatura delle boilie è fondamentale per evitare fenomeni d’instabilità, muffe e deterioramenti veri e propri.

Nel capitolo sul come fare le boilie, consiglio vivamente il congelamento, ma dalle vostre numerose domande capisco che tanti hanno comunque una preferenza per lasciare le esche sui graticci oppure in sacchetti traspiranti, per questo motivo dedichiamo una pillola di bait guru ad approfondire in pratica le dinamiche.

Il principale nemico è l’umidità ambientale che nei mesi autunnali e invernali può diventare veramente problematiche specialmente in quei contesti che manifestano i fenomeni stagionali delle nebbie (penso alla pianura padana in genere).

Partendo dalla fine della cottura, la prima fase da affrontare è il raffreddamento che può essere gestito semplicemente spargendo le esche su un panno messo all’aria aperta (nel caso di una bella giornata) oppure ponendo già le esche sui contenitori di asciugatura e sottoponendole al passaggio di aria forzato con un elettroventilatore.

I contenitori per l’asciugatura possono essere dei graticci auto costruiti, oppure delle apposite cassette forate, comunemente vendute per asciugare la pasta. Un’alternativa veramente a basso costo è rappresentata dalle cassettine impilabili traforate che si possono acquistare usate a prezzo irrisorio dal macellaio o dal fruttivendolo di fiducia che in genere le riciclano o addirittura eliminano dopo l’utilizzo. Si tratta di una scelta intelligente che non richiede una struttura apposita per impilare e sono fatte di un materiale che può essere facilmente igienizzato dopo ogni utilizzo spruzzandolo con alcol etilico o varechina, per poi sciacquarlo con acqua.

Dopo il raffreddamento, che in genere avviene in un paio d’ore, parte la fase di asciugatura vera e propria che dura da minimo 2 giorni a infinito…nel senso che posso anche decidere di lasciare sull’essiccatoio per mesi fino all’utilizzo arrivando a sfere dure come il cemento che sono peraltro molto utili per pasturazioni perché contrastano l’attacco dei piccoli pesci.

Apro una parentesi relativa all’attrazione delle esche disidratate che è certamente inferiore a quelle umide appena cotte, ma che risulta ininfluente se pasturo preventivamente perché comunque il pesce si abitua a quel tipo di prodotto.

Di contro se devo realizzare poche esche da usare in pescate veloci è decisamente opportuno congelare dopo un paio di giorni di asciugatura max.

Chiusa parentesi, per asciugare per bene anche in posti sfortunati, conviene farsi un essiccatoio chiuso munito di deumidificazione elettrica.

La scelta più economica sono le serre da interno, acquistabili in varie misure per poche decine di euro, seguite dalle casette ricovero attrezzi in PVC e dalle casette da giardino di legno o lamiera.

Io ho attrezzato una casetta di legno 3X3 metri poiché preferivo fare le mie preparazioni odorose fuori di casa…ma questa è evidentemente una scelta personale legata anche al budget e ai regolamenti comunali per questo tipo di struttura.

Tornando alla serra in PVC, un modello da 2 metri X 1 , dove si possono tranquillamente asciugare un paio di quintali di boilie, costa una trentina di euro al massimo.

A questo punto all’interno troveranno posto le nostre cassettine impilate in buon ordine, con un solo strato di boilie per ripiano, in modo che l’aria possa circolare liberamente e dovremo dotare l’essiccatoio di un estrattore di umidità elettrico, praticamente un macchinario che ricircola l’aria condensando l’umidità e raccogliendola in una vaschetta di scolo.

Anche qui, i modelli più piccoli sono ovviamente sufficienti, poiché in genere dimensionati per una piccola stanza di qualche metro quadro e costano alcune decine di euro.

Ci sono poi soluzioni più complesse, dotate di misuratore di umidità che possono essere programmate per partire e fermarsi in automatico, si tratta di celte più costose interessanti magari per dotare una casetta come la mia, dove si possono stoccare oltre a qualche quintale di boilie, anche le attrezzature, preservandole dai danni dell’umidità.

Se lo strumento è semplice, conviene investire qualche euro per un piccolo igrometro, in altre parole uno strumento che misura l’umidità dell’ambiente.

Dopo 48 ore di asciugatura, l’umidità cala drasticamente e ci si rende conto che la macchina raccoglie sempre meno acqua residua, a questo punto si possono trasferire le esche in congelatore o recipienti stagni (con le modalità descritte nel capitolo specifico del sito sulla conservazione in secchio) o lasciare appunto in essiccatoio, facendo partire in manuale il deumidificatore al bisogno.

Da questo punto le esche possono essere messe in sacchi di rete traspirante, come quelli delle patate oppure quelli venduti allo scopo e appesi , liberando le cassette per nuove produzioni.

Nella prossima puntata affronteremo un argomento controverso: la chimica applicata all’acqua.

http://www.thebaitguru.it

Articolo precedente39. Cottura a vapore
Prossimo articolo41. pH e chimica applicata
mm
Sono nato in provincia di Treviso nel luglio del 1972 ed ho scoperto la passione per la pesca all'età di circa sei anni, fermandomi a guardare i pescatori di trote lungo il fiume della mia cittadina. Purtroppo mio padre Pietro non era un appassionato, quindi mi toccò arrangiarmi in maniera autonoma, munito solo della mia curiosità di bambino e confidando nella pazienza di quei vecchi pescatori che tempestavo di domande circa la tecnica, i nodi, le esche e le catture. Scoprii allora che nella pesca nulla è regalato e le informazioni che ricevevo erano più stimoli a sperimentare che non risposte certe. I miei genitori si decisero a farmi la licenza a otto anni, limite minimo consentito dall'associazione pescatori, dopo due anni di gavetta fatti nei laghetti sportivi pescando le trote. Ho praticato tutte le tecniche dell'epoca, canna fissa a persici sole, passata al tocco in torrente, spinning con cucchiaino e pesca a fondo classica per carpe, anguille e pesci gatto. Per mia fortuna la provincia di Treviso è sempre stata generosa in termini di ambienti e stimoli, permettendomi di crescere come pescatore a 360°. Mio padre Pietro morì prima del mio diciottesimo compleanno e l'anno che ne seguì fu per me molto difficile, introspettivo e buio, non pescai per molti mesi e mantenni l'aggancio con la passione solo grazie alle riviste di pesca che divoravo assiduamente. Fu proprio per merito di una rivista che conobbi la nuova tecnica importata dall'Inghilterra e grazie a un autore in particolare, Giorgio Balboni, me ne innamorai! Il carpfishing degli anni novanta era differente, molto introspettivo e adatto a pescatori piuttosto schivi e solitari, disposti a isolarsi anche per lunghi periodi in ambienti vergini, dove i cappotti erano all'ordine del giorno. Io ero il candidato ideale visto che già vivevo in un mio mondo fatto esclusivamente di allenamenti in palestra e momenti passati da solo in mezzo alla natura. Come spesso accade nella vita, il destino mise sulla mia strada le persone giuste e così durante una trasferta al negozio della famiglia Boscolo di Preganziol incontrai “Cambogia”, una delle figure più importanti della mia vita, uomo ricco di vicissitudini e orfano di padre come me, capace di gustare i profondi silenzi della pesca. Diventammo inseparabili e la decade che seguì a quel primo incontro ci vide affrontare le acque di tutta Italia e le mecche estere. Alcune volte siamo stati i primi a portare questa tecnica in acque vergini con altalenanti successi ed enormi soddisfazioni, ma noi non pescavamo solo per catturare pesce, avevamo bisogno di evadere da una realtà che ci opprimeva per rifugiarci in riva a qualche corso d'acqua dove stavamo in sintonia, senza parlare anche per giorni. E nonostante tutto ci capivamo al volo solo con uno sguardo. Il carpfishing mi ha rapito per buona parte della mia gioventù fissando ricordi indelebili di pescate solitarie durate anche trenta giorni consecutivi, in ambienti incontaminati. Mi sono spinto al limite e stavo per cadere nell'oblio dal quale mi sono salvato grazie alla nascita dei miei figli che mi hanno riportato a vivere in maniera costruttiva questa passione. Nel frattempo ero già diventato l'esperto di esche del mio piccolo gruppo di amici ed è stato chiaro fin da subito che la boilie avrebbe condizionato il mio modo di vivere la passione per la pesca alla carpa. Negli anni della ragione, grazie allo slancio imprenditoriale del giovane Fabio Boscolo, erede di una famiglia d’illuminati commercianti, nacque l'azienda Big Fish con la quale ho collaborato fino al 2010 in compagnia dell'amico e "guru" dell'esca Sandro Minotto. Gli anni con Big Fish mi hanno permesso di attingere direttamente all'e-sperienza di Richworth Streamselect, la prima industria nata per la produ-zione di boilies e di avere contatti diretti con i più grandi produttori di pet food e mangimi. Sono riuscito anche a realizzare il sogno di contattare Fred Wilton, il vero "Bait guru" del libro, con il quale ho intrapreso un rapporto di amicizia epistolare fatto di consigli, di aneddoti e credo di essere l'unico Italiano ad aver personalmente conosciuto l'inventore della boilie. Big Fish mi ha permesso di avere un filo diretto con tutti gli appassionati Italiani, grazie all'esperienza più bella e impegnativa della mia vita, rappresentata dalla gestione del monumentale forum a tema dell’azienda dove raccogliemmo un mondo d’informazioni, ricette, esperienze e consigli purtroppo andati persi. Negli ultimi anni ho ricevuto più di 10.000 messaggi personali suddivisi fra forum ed email ai quali mi pregio di aver risposto con enorme soddisfazione e spero chiarezza. Questo bagaglio d'informazioni mi ha spinto a creare prodotti per l'esca dedicati al nostro territorio e ai nostri ambienti, facendo diventare Big Fish la principale azienda del settore in Italia e una delle poche in grado di esportare conoscenza anche in Francia e Inghilterra. Avevo tre sogni per ciò che riguarda la ricerca e la diffusione delle competenze tecniche, elaborare una mia ricerca sull'esca, progetto riuscito nel 2012 sviluppando la teoria dell'elevata energia potenziale, ottenuta grazie alla ricerca e lo sviluppo di super nutrienti a base di grassi predigeriti e modificati, sfociata poi nel White fish mix. Creare un'esca pronta a mio nome, iniziativa riuscita nel 2013 con lo svi-luppo della crazy ready made, una boilie costruita su un’idea ambiziosa con tutti gli ingredienti nutritivi e attrattivi prodotti in autonomia e non mutuati da altri settori. L’ultimo dei miei sogni era scrivere un libro per raccogliere tutto il sapere e le esperienze di questa vita di studi, di ricerche e di avventure di pesca.